Crema di mosto creativa
Oggi parliamo di mosto. Sì proprio il mosto d'uva che, appena spremuto e non ancora fermentato, non ha le caratteristiche alcoliche del vino, ma è un buon succo zuccherino. Non ho idea se questa crema ( che da queste parti chiamiamo semplicemente "mosto" ) è in uso anche in altre zone d'Italia; mi piacerebbe scoprirlo. Questo dolce al cucchiaio, accompagna tutta la mia infanzia ed è legato alla vendemmia e alla pigiatura rigorosamente fatta con i "piedi" nei tini.
Ricordo le casse di uva impilate vicine a casa, barbera e bonarda, e gli uomini che con i calzoni arrotolati fino al ginocchio si dedicavano alla pigiatura - avete presente il film "profumo del mosto selvatico" con un fantastico K. Reeves? . Nell'aria si sentiva proprio il profumo dolciastro dell'uva e il primo mosto che veniva spillato (quello più denso e nero), era raccolto dalla donne in grandi zuppiere, di quelle bianche e costolute.
La mia mamma lo trasformava in altrettante zuppiere di crema che raffreddandosi diveniva compatta. Potevo mangiarne fino a scoppiare, scavando con un cucchiaino un piccolo buco nella pellicina che si formava sulla superficie.
Precisina mi ha gentilmente invitata a partecipare alla raccolta "poveri ma belli".
Questa ricetta, a parer mio, rispecchia il significato del concetto che questa iniziativa vuole far passare: "parliamo di cucina povera, nella fattispecie... di quei piatti assolutamente strepitosi nati dal niente o poco più! Epoche in cui la creatività andava letta alla voce f-a-m-e!!! "
Il mosto in questione è stato pigiato dal mio papà ed è stato surgelato per conservarlo. Quando desideriamo un dolce "povero ma bello", lo scongelo e lo preparo per la felicità dei miei commensali. Non credo che la mamma, e tanto meno le nonne, avessero questa possibilità; loro se lo pappavano solamente dopo la vendemmia, magari come companatico accompagnato da una fetta di pane casereccio.
Per ogni bicchiere di mosto calcolate 1 cucchiaio di farina e un cucchiaio di zucchero. Versate a poco a poco il mosto sopra farina e zucchero e stemperate bene con la frusta. Aggiungete 2 chiodini di garofano ( io ho aggiunto anche la vaniglia ) e un pezzetto di stecca di cannella. Ponete la casseruola sul fuoco e portate a bollore. Tenete a fuoco basso sempre mescolando per 10 min. Versate nelle coppette o stampini, oppure nelle bellissime zuppiere costolute della nonna. Io, per essere più creativa, l'ho utilizzato come farcitura per delle tartellette di frolla che avevo preparato. E' pur sempre un dessert "povero", ma così presentato era davvero carino.
Ricordo le casse di uva impilate vicine a casa, barbera e bonarda, e gli uomini che con i calzoni arrotolati fino al ginocchio si dedicavano alla pigiatura - avete presente il film "profumo del mosto selvatico" con un fantastico K. Reeves? . Nell'aria si sentiva proprio il profumo dolciastro dell'uva e il primo mosto che veniva spillato (quello più denso e nero), era raccolto dalla donne in grandi zuppiere, di quelle bianche e costolute.
La mia mamma lo trasformava in altrettante zuppiere di crema che raffreddandosi diveniva compatta. Potevo mangiarne fino a scoppiare, scavando con un cucchiaino un piccolo buco nella pellicina che si formava sulla superficie.
Precisina mi ha gentilmente invitata a partecipare alla raccolta "poveri ma belli".
Questa ricetta, a parer mio, rispecchia il significato del concetto che questa iniziativa vuole far passare: "parliamo di cucina povera, nella fattispecie... di quei piatti assolutamente strepitosi nati dal niente o poco più! Epoche in cui la creatività andava letta alla voce f-a-m-e!!! "
Il mosto in questione è stato pigiato dal mio papà ed è stato surgelato per conservarlo. Quando desideriamo un dolce "povero ma bello", lo scongelo e lo preparo per la felicità dei miei commensali. Non credo che la mamma, e tanto meno le nonne, avessero questa possibilità; loro se lo pappavano solamente dopo la vendemmia, magari come companatico accompagnato da una fetta di pane casereccio.
Per ogni bicchiere di mosto calcolate 1 cucchiaio di farina e un cucchiaio di zucchero. Versate a poco a poco il mosto sopra farina e zucchero e stemperate bene con la frusta. Aggiungete 2 chiodini di garofano ( io ho aggiunto anche la vaniglia ) e un pezzetto di stecca di cannella. Ponete la casseruola sul fuoco e portate a bollore. Tenete a fuoco basso sempre mescolando per 10 min. Versate nelle coppette o stampini, oppure nelle bellissime zuppiere costolute della nonna. Io, per essere più creativa, l'ho utilizzato come farcitura per delle tartellette di frolla che avevo preparato. E' pur sempre un dessert "povero", ma così presentato era davvero carino.
Commenti
Le fotografie sono veramente bellissime!!!
Grazie Mercè, speravo proprio di fare questo effetto con le foto scattate.
Ciao Azabel, ecco lì...lo sapevo che ci sarebbero state altre versioni regionali...sùgoli vero? Ora mi documento.
Ciao Fairy Skull, grazie, grazie.
Ciao Claudia, l'analogia con il gelo di mellone era nata anche a me. Non conoscevo però l'uso tiepido e cremoso.
Glò